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Dalle Alpi all'Etna alla scoperta delle tradizioni culinarie del Natale

Il Natale è già nell’aria o ogni cosa nelle strade lo ricorda: luci, addobbi, piccoli abeti ornati a festa, mercatini di quartiere e, purtroppo, ormai anche le rigide temperature.

10 dic 2013 Consigli per il catering - Tempo di lettura: min.

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I dolci tipici della tradizione nostrana per uno squisito Natale

È quindi arrivato anche il tempo di riunirsi, ritrovarsi con amici e parenti, scartare i pacchi regalo e concedersi qualche strappo alla tanto temuta dieta.

E in Italia, ammettiamolo, resistere alle tentazioni, durante il periodo natalizio, è pressoché impossibile: a Natale la nostra penisola si trasforma in un lungo itinerario gastronomico in cui, a cena e soprattutto nel pranzo, ognuno porta a tavola una cosa diversa. Dalle Alpi all’Etna, da Bolzano a Palermo, tanti e variegati sono i piatti della tradizione natalizia che riempiono i banchetti di Natale. Ogni Regione segue i propri rituali gastronomici, puntualmente messi in scena ogni anno per riprodurre sapori e aromi nei quali ciascuno si identifica, per cultura o identità. Se il pesce (almeno al Sud o in tutte le famiglie del Nord in cui siano presenti dei meridionali) è il principe della cena o cenone della vigilia di Natale, il menù del 25 dicembre si sviluppa in mille rivoli diversi che mantengono, comunque, molti ingredienti comuni: il brodo, spesso di gallina, le verdure di stagione, i dolci ricchi di frutta secca e candita. Quasi tutti sono sapori della tradizione popolare, provenienti da “una cucina povera” che magicamente, in onore delle Sante Festività, diventa un concentrato di calorie. Vediamo cosa porta in tavola ogni famiglia, regione per regione, il giorno di Natale.

In Valle d’Aosta il piatto tipico natalizio è la Carbonata Valdostana o carbonade, fette di carne macerate nel vino rosso con erbe aromatiche e sale, poi tagliate a pezzetti e cotte in padella con del burro. Si serve con la tradizionale polenta. Se in Piemonte non è Natale senza zuppiere fumanti di agnolotti e ravioli, in Valtellina non può mancare il cappone in brodo o la faraona arrosto e il gran bollito, accompagnati sempre da un'insalatina di sarset.

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Carbonata Valdostana, il piatto che riscalda tutti

In Liguria non può mancare un abbondante antipasto di insalate di pesce (polpo e acciughe marinate), maccheroni ripieni con uova, parmigiano e noce moscata, richiusi alle estremità con pasta di salciccia e cotti in brodo di tacchino o di cappone. Si chiude con il tradizionale pandolce tipico genovese.

In Lombardia, per Natale, si mette da parte il tradizionale risotto allo zafferano e si va di pasta, fresca e ripiena: ravioli, tortelli, al sugo o in brodo, preceduti da salumi, mostarde, insalata russa e sottaceti. Come secondo, acchino o cappone ripieno di pancetta di maiale, castagne e prugne con contorni di verdure. Si chiude con un buon panettone, servito con lussuriosa crema di mascarpone. 

In Trentino Alto Adige si pesca nelle ricette di mamme, nonne e bisnonne per portare in tavola la carne (capriolo, stinco di maiale, capretto) con i crauti, i tradizionali canederli (polpette di pane raffermo insaporite con Speck Alto Adige Igp, pancetta, salame, uova, latte, farina e brodo), gli strangolapreti alla trentina (gnocchi di pane raffermo, spinaci, uova e ricotta conditi con burro fuso e grana trentino).

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Strangolapreti alla trentina, piatto tipico per il freddo Natale. Foto da Operavaldicambra

Nel Veneto, alla vigilia di Natale, si mangiano le lumache "cornioi", come nell'antichità condite con olio, vino bianco secco, sedano, prezzemolo, burro e aglio. A Vicenza il piatto tradizionale del pranzo di Natale è da sempre la minestra di tagliatelle con fegatini fatti col brodo di cappone e di manzo.

Nel Friuli Venezia Giulia la festività del Natale è molto sentita. Ogni anno nel mese di dicembre si celebra nei tanti mercati e feste di paese. In tavola ci sono brovada e muset, una saporita zuppa di rape e cotechino accompagnata da polenta, gnocchi di patate con salsa al Montasio, cappone arrosto e trippa con sugo di carne. A Trieste la tradizione vuole che dopo la mezzanotte, quando l'imposizione del digiuno natalizio è scaduta, si mangino le trippe fumanti e bene "informaiade".

E si arriva in Emilia Romagna, una delle regioni più goderecce dell’intero stivale: per Natale, al ricco antipasto di salumi seguono le paste ripiene in brodo di carne (i tortellini per Bologna e Modena, cappelletti nel Reggiano e in Romagna, anolini a Parma e Piacenza). Si passa poi ai super tradizionali cotechino e zampone con lenticchie, puré di patate e mostarda. Tra i dolci, oltre ai classici panettone, pandoro e zuppa inglese, a Bologna c’è il Certosino o panspeziale, in dialetto panspzièl, con mandorle, pinoli, cioccolato fondente e canditi.

In Toscana è ancora tradizione a Londa, piccolo paesino nei pressi di Firenze, cuocere dopo la mezzanotte del 24, sulla brace di un grande falò il bardiccio, la tradizionale salsiccia di maiale al finocchio. Sulle tavole toscane, il 25 e 26 dicembre non può mancare un buon piatto di brodo di carne con cappelletti, speciali tortellini fatti in casa. Si prosegue poi con ricette classiche come arrosto di tacchino, pollo, tacchino o anatra al forno, la famosissima ribollita e i fegatelli, di pollo o di maiale. Ad accompagnare il tutto, pane, insalata e un buon bicchiere di vino rosso!

Nelle Marche re incontrastati del pranzo natalizio sono i vincisgrassi (timballo di lasagne al forno condito con ragù, parmigiano burro e besciamella), seguiti da cappone arrosto e dal tradizionale fritto misto (costolette di agnello, cremini, verdure e naturalmente le olive all’ascolana). Chiude il pranzo il frustingo, dolce tipico del Piceno: pane dolce di farina integrale con frutta secca e mosto cotto. Nella case umbre si fa razzia, oggi come ieri, di tutti gli animali che vivono nell’aia: sulla tavola arrivano per il giorno di Natale crostini di fegatini, salumi, brodo di cappone con tortellini, la tacchinella farcita di castagne e tartufo nero di Norcia, per chiudere con il panettone, la pinoccata (frutta secca e pinoli), dolcetti alle mandorle.

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I vincisgrassi sono una variante delle famose lasagne al forno, diffusi nel territorio umbro e marchigiano. Foto da Wikipedia

In Abruzzo si festeggia la natività con il tradizionalissimo “brodo di Natale”, che è tutto fuorché una minestrina leggera. Alla base ci sono i cardi, a cui sono uniti carne (tacchino, gallina, vitella), uova, formaggio e zuppa imperialeLe carni di agnello arrosto e il bollito di manzo sono ricche seconde portate. Ma la vera festa è con i dolci, numerosi e vari a seconda della provincia: si va dal parrozzo, dolce a base di mandorle, ai calcionetti fritti (piccoli panzerotti ripieni di marmellata, ceci, noci, mandorle e cacao) fino alle ferratelle, sottili biscotti cotti su una piastra rovente, a volte arrotolati con ripieno di marmellata d’uva, crema o cioccolata.

E arriviamo nel Lazio, regione ricchissima di memoria gastronomica. Qui la sera della vigilia ci si riunisce per il tradizionale cenone a base di bruschetta, fritto misto di baccalà, broccoli e carciofi alla romana, capitone marinato, pasta e broccoli in brodo di pesce di arzilla (razza chiodata), con eventuale aggiunta di vongole, spaghetti cacio e pepe o pasta al tonno. Il 25 dicembre si passa ai cappelletti in brodo e alle carni, con l’abbacchio al forno, specialità laziale, bollito misto e tacchino Tipici dolci natalizi della tradizione romana sono il pan giallo e il pan pepato.

In Molise il giorno di Natale la liturgia del pasto di festa inizia con una zuppa di cardi, la pizza di Franz in brodo (piccoli pezzi di pizza a base di uova, parmigiano grattugiato e prezzemolo al forno), maccarun ch'i hiucc (maccheroni con cavolfiore, mandorle, mollica di pane, aglio, olio e pepe) e si conclude con i calciuni molisani, buonissimi dolcetti tipici del periodo natalizio, fritti e farciti con una crema di castagne e aromatizzati con una punta di rhum.

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Calcioni molisani preparati dall'Academia Barilla

In Campania, la vigilia è in stile Casa Cupiello di Eduardo De Filippo: timballo di ziti al ragù,  minestra maritata (brodo, carni di gallina, manzo e maiale, verdure dell' orto, bucce di formaggio), maialino e agnello in forno. I dolci sono un’esplosione di sapori e festa: struffoli, mostaccioli, zeppole e cassata napoletana per minare la dieta più ferrea. 

In Puglia è il trionfo del fritto: pettole o pittule, frittelle di pasta lievitata, arricchite di pomodoro, capperi, olive o ricotta, salame, baccalà e lampascioni, baccalà e anguilla (alla Vigilia), verdure pastellate e purciddi. E ancora lasagne al forno, orecchiette, agnello coi lampascioni, salsiccia alla griglia e cartellate con il vin cotto.

Anche in Basilicata il baccalà è protagonista della tavola a Natale, spesso cucinato lesso e accompagnato da peperoni cruschi (seccati al sole e fritti in olio di oliva). Preceduto da una fumante minestra di scarole, cardi e verze cotti in brodo di tacchino e salame arricchita da formaggio, fanno seguito gli strascinari, pasta corta tirata a mano simile alle orecchiette, al ragù di carne, u’ piccilatiedd, tradizionale pane delle feste, i calzoncelli, panzerotti della tradizione lucana con un cuore di mandorle e cioccolato, ceci o castagne lesse e le pettole.

La Calabria, da sempre conosciuta per la sua offerta enogastronomica, a Natale offre quasi il meglio di sè portando in tavola crespelle e frittelle di vario tipo, scillatelle al ragù di maiale, minestra maritata, capretto al forno con patate, pesce stocco con sughetto alla ‘ghiotta ovvero a base di olio, cipolla, pomodori, olive, capperi e uvetta; non maca il broccolo saltato in padella e condito con peperoncino mentre tra dolci spiccano i fichi a crocetta con cioccolato.

E arriviamo in Sicilia, regione forte di una tradizione gastronomica che a Natale si amplifica e si esalta in piatti ricchi ed elaborati. Anche qui la vigilia è rigorosamente di magro, con pesce. Pasta con le sarde o con le cozze, anguilla e baccalà sono d’obbligo la sera del 24 dicembre. Il giorno di Natale si inizia con le scacce ragusane (gustose focacce del ragusano farcite con melanzane, formaggio e pomodoro), i cardi in pastella in brodo di gallina, anellini al forno con ricotta, il pasticcio di Natale e tanta carne. Impera sulle tavole l’agglassato, tipico arrosto di carne molto diffuso nel palermitano, cucinato con Marsala, cipolle e cipolle. I dolci delle feste sono tanti e ricchi, dai buccellati di Enna (dolcetti tipici ripieni di fichi secchi), ai mustazzoli, cassate e tradizionali cannoli siciliani.

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La famosissima pasta alle sarde, buona tutto l'anno e ancora di più per la cena della Vigilia. Foto da Sceltedivino.it

Questo tour enogastronomico si chiude in Sardegna, in cui si fondono sapori arabi, fenici e turchi, popoli stranieri che, durante il loro passaggio, hanno influenzato la cucina dell’isola. Prendiamo «su pilau», piatto tipico della vigilia, in compagnia dell' anguilla allo spiedo e del muggine alla graticola. L' Oriente spunta dal couscous (di fregola sarda), unito al misto di pesci al forno, ingrediente del pilau (pilaff). Poi, c' è il «pillus», ovvero avanzi di sfoglia usata per i ravioli di magro di Natale, riciclati la sera prima, con condimento di pomodoro e pecorino. Altra variante di riutilizzo della stessa pasta sono gli gnocchetti, chiamati «spitzaeghetta». E per il pranzo che si fa? Salsicce e olive spezzate come antipasto, ravioli con ripieno di patate e pecorino. A seguire: agnello o maialetto allo spiedo, accompagnati da verdure di stagione. Trionfo di dolci: su gatò (croccante di mandorle aromatizzato agli agrumi), amaretti, gueffus (palline di pasta di mandorle), pai de saba (pane di mosto cotto, mandorle, uvetta, scorza d' arancio). 

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