È raccontata così la Sardegna da Fabrizio De Andrè: terra selvaggia, incontaminata e ricca di contrasti, in cui il blu turchese del mare si contrappone al verde scuro dei fitti boschi dell’entroterra. Una varietà paesaggistica che si ritrova anche nella sua cucina, fatta di mille sfumature, caratterizzata dall'insularità e dalla cultura agropastorale, arricchita nella storia attraverso apporti e contaminazioni dai contatti e scambi fra diverse culture mediterranee. Varia e diversificata, spazia dalle carni arrostite, al pane, dai formaggi ai piatti di mare e di terra, sia di derivazione contadina che pastorale. Viene considerata parte della dieta mediterranea, modello nutrizionale proclamato nel 2010 dall'Unesco tra i patrimoni orali e immateriali dell'umanità.
La fregola sarda
Chiamata anche fregula o pistizone, è una preparazione artigianale tipica di Cagliari, Oristano e del Campidano. Si tratta di una pasta secca molto simile al cous cous, realizzata con semola di grano duro lavorata a mano fino ad ottenere piccole sfere irregolari e rustiche dal sapore del tutto caratteristico assunto con la naturale essiccazione e tostatura in forno. Il procedimento con cui si produce la fregola è patrimonio della tradizione sarda, dove in alcune zone si è mantenuto il rito di produrre questo alimento in casa, con un sapiente movimento circolare delle mani. Generalmente preparata con sughi di mare (vongole, cernia, arselle), è ottima in minestra o risottata.
I malloreddus
Piatto principe, e forse tra i più conosciuti della cucina sarda, i malloreddus sono dei piccoli gnocchetti, a forma di conchiglia rigata, fatti di semola e acqua. I più tipici sono i “malloreddus alla campidanese”: per realizzare questo piatto si fa un ragù tagliando in pezzetti la salsiccia sarda; i pezzetti vengono soffritti in olio con cipolla tritata, poi lessati per un'ora con salsa di pomodoro; si aggiungono quindi alcuni fili di zafferano. Gli gnocchetti lessati vengono conditi con il ragù e con pecorino sardo grattugiato.
Il porceddu sardo
Tutti conoscono il maialino da latte allo spiedo: in Sardegna più è piccolo il maiale, più esso è ritenuto prelibato. Il peso non deve eccedere i cinque chili e l’età non deve superare i 45 giorni: gustato al fuoco di braci, le sue carni tenere e succulente sprigionano profumi e sapori che parlano della terra di Sardegna. La preparazione è semplice e gli ingredienti essenziali: fuoco, sale e naturalmente un bel porcellino di 4-5 chili. La preparazione riuscirà più gustosa se si utilizzano, per il fuoco, rami di piante aromatiche tipiche della macchia sarda, come corbezzolo, lentischio o olivastro, mirto.L a preparazione alternativa è quella "A carraxiu": si pratica una fossa nel terreno e vi si mette ad ardere la legna aromatica, fin quando la stessa non sarà ridotta in braci. Ad esse viene sovrapposto uno strato di rami aromatici, su cui viene adagiato il porcellino, che viene poi coperto di nuovi rami di erbe aromatiche ed altre braci.
Le panadas o impanadas
Le panadas o impanadas (che in sardo significa “palle”) sono le squisite tortine salate farcite che vengono preparate in quasi tutta la Sardegna. La panada è un piatto di origine antica, addirittura nuragica; la tradizione di prepararle si conserva tutt'oggi in molti paesi della Sardegna, in particolare ad Assemini e a Oschiri, dove viene considerata il piatto più tipico, tanto che alla panada è stata dedicata una sagra. In genere il ripieno è di formaggio o di carne di maiale tritata e accompagnata da verdure ma a volte viene preparata con pancetta oppure con la carne di agnello e in alcuni casi insaporita con funghi o carciofi sott’olio, senza contare le versioni ripiene di pesce, in genere anguille.
Le anguille
Nella cucina tipica dell’oristanese e negli stagni di Cabras, sono molto apprezzate le anguille. Gli stagni sono ricchi di pesce e dalle uova di questi si produce la bottarga di muggine che può essere consumata in sottili strisce condita con olio, oltre che grattugiata sulla pasta. Altro prodotto caratteristico è la Sa Merca, costituita da tranci di muggine bollito e salato, avvolti in una sacca di erba palustre, la zibba.
Pane carasau
Che fosse preparato con pregiata farina di grano duro nelle famiglie agiate o con farina d’orzo nelle case più umili, una cosa è certa, il pane carasau ha da sempre unito tutti i palati, diventando un punto fermo nella cultura gastronomica sarda. A base di semola di grano duro, sale, lievito e acqua, il pane curasau è stato studiato anche per i suoi aspetti antropologici, in quanto un tempo era un vero e proprio rito la cui laboriosità coinvolgeva almeno tre donne. Dopo aver preparato l’impasto, infatti, questo deve essere steso in dischi molto sottili che vengono poi cotti nel forno a legna ad altissima temperatura (450°-500°) gonfiandosi come una sorta di palloncini. Ancora oggi questi dischi di pane devono essere estratti dal forno e, con grande maestria, tagliati lungo la circonferenza per poi essere divisi in fogli e impilati l’uno sopra l’altro con la parte porosa rivolta verso l’alto. Queste sfoglie vengono poi infornate un’ultima volta per fornirgli la croccantezza e il colorito tipico: la “carasatura”.
Il pecorino sardo
Il pecorino sardo può essere definito il re dei formaggi sardi conosciuto in tutto il mondo. Questo si presenta con una pasta compatta e un colore bianco deciso, subisce una stagionatura di circa tre mesi, rendendolo cosi un formaggio versatile che può essere gustato a tavola in tutte le portate. Nel 1996 il pecorino sardo ha ottenuto il marchio D.O.P.