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Riti e ricette dei dolci tipici di carnevale regione per regione

Riti apotropaici, sfilate variopinte, colori e schiamazzi: tutto questo è il carnevale, la festa per eccellenza dell’allegria, dell’esagerazione, della follia e del divertimento. 

25 feb 2014 Specialità gastronomiche - Tempo di lettura: min.

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Foto: Wikimedia.org
Le origini di questa ricorrenza si rintracciano, infatti, nel lontano impero romano, in particolare nelle feste dei saturnali romani (riferite al dio Saturno) che si svolgevano a dicembre (tra banchetti, doni e abbuffate) e, ancora prima, nelle celebrazioni dionisiache (riferite al dio greco Dioniso circa nel 500 a.C.) che prevedevano feste, balli e musica.

Trasgredire, trasgredire, trasgredire: ecco, quindi, la parola d'ordine da seguire per godere fino in fondo questa festa così arcaica e caratteristica… anche a tavola. 

E in effetti l’ambito gastronomico è quello in cui l’eccesso la fa da padrona: ogni regione d’Italia, da nord a Sud, da est a ovest, isole comprese sforna dolci e ricette tipiche di carnevale che, nonostante le varianti, hanno come filo conduttore l’abbondanza. I dolci del carnevale, infatti, sono ricchi, corposi, ridondanti e tassativamente fritti. 

Ecco quelli più amati e apprezzati in tutto lo stivale

Le chiacchiere

Fragranti e profumate le chiacchiere sono i dolci di Carnevale per eccellenza: diffuse in tutta Italia con nomi diversi (bugie a Genova, frappole a Bologna, maraviglias a Cagliari, risòle a Cuneo e chiacchiere in tutto il Sud Italia) trovano i loro antenati nelle frictilia dell’antica Roma. Si trattava di dolci che venivano fritti nel grasso di maiale e che venivano preparati in grande quantità, perché l’obiettivo era quello di farli durare per tutto il periodo che corrisponde nella tradizione cristiana alla Quaresima. Questo dolce, semplice ma molto apprezzato anche dai palati più sopraffini, si realizza con farina, burro (talvolta strutto), uova, zucchero, differenziandosi poi con l'aggiunta di varianti quali acquavite, vinsanto, vino bianco secco o latte. 

Frittelle o fritole veneziane

Un simbolo per una città che ha fatto del carnevale un evento di fama internazionale: le frittelle o fritole veneziane sono dei dolci che venivano cucinati esclusivamente dai “fritoleri” che, quasi a sottolineare questa loro ufficialità, nel '600 si costituirono in un associazione che era composta da settanta di loro, ognuno con una propria area dove poter esercitare in esclusiva l'attività commerciale e con la garanzia che a loro potessero succedere solo i figli. Questa corporazione rimase attiva fino alla caduta della Repubblica lagunare, anche se l'arte dei "fritoleri" scomparve definitivamente dalle calli veneziane solo alla fine dell'ottocento. Gli storici raccontano che i fritoleri fossero soliti impastare le frittelle, fatte con uova, farina, zucchero, uvetta e pinoli, su grandi tavoli di legno. Poi le friggevano con olio, grasso di maiale o burro, in enormi padelle sostenute da tripodi. La popolarità delle frittelle è ancora intatta ai giorni nostri: stessi ingredienti per un dolce che continua a spopolare, soprattutto nel periodo carnevalesco, nelle pasticcerie e nelle case delle famiglie venete. 

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Fritole veneziane. foto: wikimedia.org
La testa di turco

Di origini arabe, i “Testi di Tùrcu” sono dolci tipici della Sicilia, originari del comune di Castelbuono, in provincia di Palermo. La testa di turco è costituita da una sottile sfoglia di pasta fritta ed una delicatissima crema di latte profumata alla cannella ed al limone: la leggenda narra che pur essendo di origine saracena, venne preparato per la prima volta in occasione della sconfitta degli Arabi da parte dei combattenti Normanni.

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Testa di turco. Foto:thecheekychef.blogspot.com.es
Castagnole

Diffuse in tutto il centro Italia, e in particolare in Romagna e nel Lazio, le castagnole prendono il loro nome dalle castagne, alle quali assomigliano per colore e forma. Nella tradizione italiana le castagnole sono considerate uno dei simboli del carnevale, come attesta anche un proverbio diffuso nei vari dialetti marchigiani; si riporta qui di seguito, espresso in anconitano: «Fenito Carnevà, fenito amore fenito a fà la pachia da signore fenito de stacià farina in fiore fenito de magnà le castagnole» che tradotto significa: «Finito Carnevale, finito amore, finito il far la pacchia da signore, finito il setacciar farina in fiore finito il mangiare castagnole». Impastati gli ingredienti principali uova, zucchero, farina e burro si formano delle palline che vengono poi fritte in olio bollente. Vengono servite con zucchero a velo o, in alcune varianti, anche con alchermes o miele. Ne esistono due varianti: una senza ripieno ed un'altra con ripieno alla crema pasticcera o alla panna. 

Cicerchiata di Carnevale 

La cicerchiata è un dolce tipico legato al Carnevale, riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale per l'Abruzzo, le Marche ed il Molise, ma diffuso anche in Umbria. Con nomi diversi e in periodi diversi (soprattutto a Natale), questo dolce lo si ritrova in altre regioni d’Italia (struffoli in Campania, purcidduzzi in Puglia, etc…). Uno degli ingredienti utilizzati nella preparazione  è il miele, la cui presenza sta a indicare una preparazione molto antica, così come lo è l'origine del suo nome che deriva da Cicerchia = "mucchio di ceci", anche se con i ceci non ha nulla a che vedere, se non l'aspetto. Il dolce è a base di pasta di farina, uova, burro e zucchero. Da questa si ricavano palline di circa un centimetro di diametro che vengono fritte nell'olio d'oliva o nello strutto. Scolate, vengono disposte "a mucchio" e ricoperte di miele.

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Cicerchiata di Carnevale. Foto: alimentipedia.it

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